Il Fiore del Deserto

Il Fiore del Deserto” – 2023

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A cura di Martina Cavallarin con Antonio Caruso
Coordinamento culturale e scientifico Christian Leo Comis
Organizzazione Unlike Unconventional Events

In collaborazione con Musei Civici di Treviso – Sede Santa Caterina
28 ottobre -26 novembre- 2023

Dal 26 al 30 ottobre 2018 la tempesta Vaia, raro fenomeno meteorologico, si è abbattuta sulle province di Belluno e Trento e, in modo minore, anche in Alto Adige, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Il forte vento di scirocco, soffiando tra i 100 e i 200 km/h, ha schiantato al suolo milioni di alberi e distrutto migliaia di ettari di foreste di conifere.

Un anno dopo, il 12 novembre 2019, una marea distruttiva associata a eccezionali e potenti raffiche di vento si è abbattuta su Venezia e il litorale veneto in quella che è stata definita la seconda marea più alta della storia della Serenissima. L’acqua ha sommerso la città lagunare fino a un’altezza di 187 centimetri, e il vento di scirocco ha spinto il mare dove non era mai arrivato prima.

Da questo territorio di indagine nasce Il Fiore del Deserto. Il progetto artistico è una denuncia dolce ma inesorabile, disegnata con il pennello e costruita con materiali di recupero. Si tratta di un processo che parte da lontano e mette in dialogo due realtà geografiche che, quasi all’unisono, echeggiano come un grido del pianeta, l’evidenza di una crisi già in atto, tangibilmente presente.

Il titolo

Scrive Martina Cavallarin: “Il Fiore del Deserto” prende spunto dalla poesia La ginestra o il fiore del deserto, appunto, di Giacomo Leopardi. Questa pianta rappresenta la fatica dell’uomo nel superare la sofferenza. Essa è metafora poetica e artistica delle straordinarie capacità insite nell’essere umano, nasce in luoghi impervi come ambienti vulcanici e desertici, tuttavia è bella e profumata. E la poetica di Silvia Canton lavora su tale dualismo errante narrando di catastrofi annunciate e di effetti collaterali prodotti dal fare umano. Il luogo simbolico che la sua arte veicola e diffonde intende catalizzare anche l’attenzione dei visitatori più distratti giacché l’opera d’arte è dispositivo potente e indipendente, massaggiatore infaticabile del muscolo atrofizzato della coscienza collettiva. La natura sta mutando e noi siamo prevaricatori, la schisi è in atto, ma la promessa del cambiamento non può e non deve mancare.”

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La mostra

La mostra si articola in un percorso espositivo che, partendo da questi due disastri ambientali, prevede l’esposizione di 15 opere disposte in un allestimento che apre al dialogo e al confronto. Da un lato della sala espositiva lo spettatore incontra una ricerca pittorico / scultorea basata sul recupero del legno degli alberi schiantati da Vaia. Cortecce e rami anneriti e inumiditi dal trascorrere degli anni con il susseguirsi di nevicate e piogge. Materiali raccolti personalmente dall’artista a Marcesina e in altre località e sottoposti a un lavoro di ripulitura, disinfestazione e fissaggio con resina, affinché possano esprimere con le loro fibre spezzate e accartocciate da quel furioso vento e dal trascorrere del tempo, tutto il dolore delle ferite inferte da quella furia.

Si tratta di tele di differenti misure realizzate con tecnica mista su tela – pasta di ferro e foglia simil oro argento, come nell’antica tecnica della doratura e dell’argentatura, al fine di sottolineare preziosità e unicità della fragile e potente natura montana.

A distanza di anni, moltissimo materiale è stato già recuperato, nuove piante sono nate e altre saranno piantate, ma quei tronchi e quelle cortecce che ancora giacciono a terra hanno un valore inestimabile perché portatrici di un dramma storico. Raccogliere e ricomporre quel legno in un procedimento lentissimo e fatto di immensa pazienza è un atto doveroso dell’artista a futura memoria, al fine di preservare e mantenere viva la testimonianza.

Dall’altro lato della sala espositiva si sperimenta il tormentato e conflittuale rapporto di Venezia con l’acqua. L’unicità della Laguna che accoglie la città attribuendole un’indiscussa individualità, al contempo, ne costituisce anche una minaccia, marea dopo marea, anno dopo anno.

I lavori che si presentano al cospetto dello spettatore sono tele dalla finissima trama di cotone, nelle quali le cupole della Basilica di San Marco e altri scorci decorativi e architettonici, fluttuano immersi in un liquido silenzioso costituito di velature di pigmenti verdi. La sensazione è di un’acqua che trasporta frammenti delle stesse cortecce che i lontani boschi restituiscono al mare… quel mare dove tutto alla fine confluisce e si fonde.

La perla lagunare, ammirata e conosciuta nella sua fragile ricchezza, testimonianza di un fastoso passato, è forse destinata a essere sommersa, inghiottita da quell’Acqua Granda che ha scosso il mondo per la violenza con la quale l’ha attraversata.

Scrive Antonio Caruso: “Il progetto supera la divulgazione e tocca la coscienza, sviluppando gli anticorpi alla biofobia e incentivando la capacità di generare un’antitesi al senso comune del vivere e del relazionarsi con l’ambiente. La pratica artistica di Silvia Canton crea zone di contatto in cui i molteplici e spesso opposti punti di vista – scientifici ed emotivi, naturali e culturali, concettuali e operativi – possono incontrarsi e mescolarsi nello spazio mostra, distruggendo schemi mentali e sistemi di pensiero codificati e offrendo spunti di riflessione che sviluppino un processo di risposta e di adattamento allo sconvolgimento climatico in essere.”

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La mostra e gli eventi collaterali hanno ricevuto il Patrocinio di: Musei Civici di Treviso, Comune di Treviso, Avis Veneto, Legambiente Treviso, D.V.R.I. (Distretto Veneziano Ricerca e Innovazione) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Con il supporto di:
Impresa CEV, Studio Roncato, Amorim Cork Italia, Cantina Pizzolato,Labomar,Rete 23, Favini, Verde a Nord Est.

Eventi collaterali In collaborazione con:
Spazio Zephiro.

Si ringraziano:
Paolo Spigariol ph e il compositore Giuseppe Laudanna per la realizzazione del multimedia fotografico, presente durante tutto il periodo espositivo, dal titolo Se i boschi, un giorno… e se i mari, un giorno…” con le testimonianze tratte dal progetto Aquagranda, una Memoria Collettiva di D.V.R.I. (Distretto Veneziano Ricerca e Innovazione) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dal film multimedia Clorofilla, realizzato da Spigariol stesso.

Tutte le informazioni nel READ MORE della pagina “MOSTRE” in – IL FIORE DEL DESERTO-.


Vaia


Acqua granda

Silvia Canton - Artista e pittrice a Castelfranco Veneto, Italia

Atelier

Via Garibaldi 29,
Castelfranco Veneto (TV)
P.iva 03919010268

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