Il Fiore del Deserto

Il Fiore del Deserto” – 2023

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Dal 26 al 30 ottobre 2018 la tempesta Vaia, raro fenomeno meteorologico, si è abbattuta sulle province di Belluno e Trento e, in modo minore, anche in Alto Adige, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Il forte vento di scirocco, soffiando tra i 100 e i 200 km/h, ha schiantato al suolo milioni di alberi e distrutto migliaia di ettari di foreste di conifere. Un anno dopo, il 12 novembre 2019, una marea distruttiva associata a eccezionali e potenti raffiche di vento si è abbattuta su Venezia e il litorale veneto in quella che è stata definita la seconda marea più alta della storia della Serenissima. L’acqua ha sommerso la città lagunare fino a un’altezza di 187 centimetri, e il vento di scirocco ha spinto il mare dove non era mai arrivato prima. Da questo territorio di indagine nasce Il Fiore del Deserto. Il progetto artistico è una denuncia dolce ma inesorabile, disegnata con il pennello e costruita con materiali di recupero. Si tratta di un processo che parte da lontano e mette in dialogo due realtà geografiche che, quasi all’unisono, echeggiano come un grido del pianeta, l’evidenza di una crisi già in atto, tangibilmente presente.

Il titolo

Scrive Martina Cavallarin: “Il Fiore del Deserto prende spunto dalla poesia La ginestra o il fiore del deserto, appunto, di Giacomo Leopardi. Questa pianta rappresenta la fatica dell’uomo nel superare la sofferenza. Essa è metafora poetica e artistica delle straordinarie capacità insite nell’essere umano, nasce in luoghi impervi come ambienti vulcanici e desertici, tuttavia è bella e profumata. E la poetica di Silvia Canton lavora su tale dualismo errante narrando di catastrofi annunciate e di effetti collaterali prodotti dal fare umano. Il luogo simbolico che la sua arte veicola e diffonde intende catalizzare anche l’attenzione dei visitatori più distratti giacché l’opera d’arte è dispositivo potente e indipendente, massaggiatore infaticabile del muscolo atrofizzato della coscienza collettiva. La natura è al collasso e noi siamo prevaricatori, la schisi è in atto, ma la promessa del cambiamento non può e non deve mancare.”

La mostra

La mostra si articola in un percorso espositivo che, partendo da questi due disastri ambientali, prevede l’esposizione di 15 opere disposte in un allestimento che apre al dialogo e al confronto. Da un lato della sala espositiva lo spettatore incontra una ricerca pittorico / scultorea basata sul recupero del legno degli alberi schiantati da Vaia. Cortecce e rami anneriti e inumiditi dal trascorrere degli anni con il susseguirsi di nevicate e piogge. Materiali raccolti personalmente dall’artista a Marcesina e in altre località e sottoposti a un lavoro di ripulitura, disinfestazione e fissaggio con resina, affinché possano esprimere con le loro fibre spezzate e accartocciate da quel furioso vento e dal trascorrere del tempo, tutto il dolore delle ferite inferte da quella furia. Si tratta di tele di differenti misure realizzate con tecnica mista su tela – pasta di ferro e foglia simil oro argento, come nell’antica tecnica della doratura e dell’argentatura, al fine di sottolineare preziosità e unicità della fragile e potente natura montana. A distanza di anni, moltissimo materiale è stato già recuperato, nuove piante sono nate e altre saranno piantate, ma quei tronchi e quelle cortecce che ancora giacciono a terra hanno un valore inestimabile perché portatrici di un dramma storico. Raccogliere e ricomporre quel legno in un procedimento lentissimo e fatto di immensa pazienza è un atto doveroso dell’artista a futura memoria, al fine di preservare e mantenere viva la testimonianza. Dall’altro lato della sala espositiva si sperimenta il tormentato e conflittuale rapporto di Venezia con l’acqua. L’unicità della Laguna che accoglie la città attribuendole un’indiscussa individualità, al contempo, ne costituisce anche una minaccia, marea dopo marea, anno dopo anno. I lavori che si presentano al cospetto dello spettatore sono tele dalla finissima trama di cotone, nelle quali le cupole della Basilica di San Marco e altri scorci decorativi e architettonici, fluttuano immersi in un liquido silenzioso costituito di velature di pigmenti verdi. La sensazione è di un’acqua che trasporta frammenti delle stesse cortecce che i lontani boschi restituiscono al mare… quel mare dove tutto alla fine confluisce e si fonde. La perla lagunare, ammirata e conosciuta nella sua fragile ricchezza, testimonianza di un fastoso passato, è forse destinata a essere sommersa, inghiottita da quell’Acqua Granda che ha scosso il mondo per la violenza con la quale l’ha attraversata.

Quasi a riassumere il compendio scientifico da cui ha tratto ispirazione Silvia Canton, il multimedia “Se i boschi, un giorno … e se i mari, un giorno…” di Paolo Spigariol, con le musiche di Giuseppe Laudanna, raccoglie e unisce le testimonianze tratte dal progetto Aquagranda, una Memoria Collettiva di D.V.R.I. (Distretto Veneziano Ricerca e Innovazione) l’Università Ca’ Foscari Venezia e dal film fotografico Clorofilla, realizzato da Spigariol stesso. Il filmato raccoglie le immagini agghiaccianti e le voci febbrili, ricostruendo il repentino turbinio di eventi temporalmente e geograficamente prossimi. Ne raccoglie l’essenziale testimonianza, restituendo il pathos al visitatore e trasmettendo uno spunto di riflessione che è necessario trasformare in azione, come l’artista fa con la sua ricerca.


Vaia


Acqua granda

Silvia Canton - Artista e pittrice a Castelfranco Veneto, Italia

Atelier

Via Garibaldi 29,
Castelfranco Veneto (TV)
P.iva 03919010268

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